Il settore farmaceutico italiano sta vivendo una crisi significativa. Negli ultimi cinque anni, il numero di laureati in Farmacia e Farmacia Industriale è diminuito del 20%, passando dai 5.095 del 2017 a poco più di 4.000 nel 2023. Questo calo, evidenziato nel report di Federfarma su dati AlmaLaurea, rende sempre più difficile per farmacie, catene nazionali e internazionali, nonché per i supermercati che vendono farmaci senza ricetta, reperire personale qualificato.
Attualmente, il settore conta circa 99.000 occupati con un’età media di 41 anni. Tra questi, 57.000 sono farmacisti collaboratori, mentre i titolari di farmacia sono circa 20.000. Si tratta di una professione che continua ad attrarre principalmente le donne, che rappresentano il 79% degli occupati, contro il 21% degli uomini. Tuttavia, le difficoltà nel reperire nuovi farmacisti segnalano una tendenza preoccupante, comune a molte professioni sanitarie.
Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI), sottolinea come il calo dei laureati sia emblematico di una carenza strutturale. Nonostante l’elevata domanda di farmacisti, il settore non riesce a mantenere il livello di iscrizioni necessario per garantire un ricambio generazionale adeguato. In un contesto in cui il ruolo del farmacista è sempre più centrale per la tutela della salute e la sanità di prossimità, le difficoltà di attrarre giovani verso questa professione rappresentano una sfida complessa.
Uno dei fattori chiave che incidono sul calo delle vocazioni è la retribuzione. A un anno dalla laurea, l’84,7% dei laureati è occupato, ma con uno stipendio netto mensile di soli 1.399 euro, che sale a 1.639 euro dopo cinque anni. La prospettiva di carriera offerta dall’industria chimica e farmaceutica, con condizioni lavorative e remunerative migliori, attrae molti laureati, sottraendoli al settore delle farmacie. Nonostante le trasformazioni introdotte dal ddl concorrenza del 2017, che hanno favorito l’espansione delle catene nazionali e internazionali e aperto nuovi spazi di crescita professionale, l’attrattività del corso di laurea e della professione rimane bassa.
L’Italia, però, si distingue per una rete di farmacie estremamente capillare: oltre 20.000 punti vendita, pari a una farmacia ogni 2.938 abitanti, contro una media europea di una ogni 3.237. Questo dato pone il nostro Paese al di sopra di nazioni come Danimarca, Paesi Bassi e Svezia, dove il numero di abitanti per farmacia è significativamente più alto. Negli ultimi anni, le farmacie hanno assunto un ruolo sempre più centrale nella sanità di prossimità, grazie anche alla farmacia dei servizi. Gli interventi normativi e l’emergenza pandemica hanno permesso l’introduzione di prestazioni come elettrocardiogrammi, holter pressori e tamponi, oltre alla somministrazione di vaccini, consolidando la figura del farmacista come un punto di riferimento per la salute pubblica.
Per affrontare il calo dei laureati, la Federazione degli Ordini dei Farmacisti ha avviato diverse iniziative. Tra queste, il rinnovamento del percorso universitario con un’impronta più sanitaria e l’abolizione dell’esame di Stato per consentire ai laureati di entrare subito nel mondo del lavoro. Inoltre, sono state promosse nuove funzioni per il farmacista, dalla telemedicina al supporto all’aderenza terapeutica.
Tuttavia, la soluzione richiede un approccio sistemico che vada oltre l’aspetto formativo. Ridurre la burocrazia e investire sul benessere dei professionisti sarà essenziale per rendere la professione più attrattiva, trasmettendo alle nuove generazioni il valore di un ruolo cruciale per la salute pubblica.