Un passo verso la tutela dei diritti digitali: la Corte di Cassazione chiarisce che il pubblico ministero non può disporre da solo il sequestro di uno smartphone o di altri dispositivi elettronici dell’indagato. Il sequestro dei dati personali contenuti nei device deve passare attraverso il vaglio di un’autorità terza, come previsto dalla normativa europea.
La decisione della Cassazione e la direttiva UE
Con la sentenza n. 13585 dell’8 aprile 2025, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito che il pubblico ministero non può essere considerato un’autorità amministrativa indipendente, poiché è parte processuale, dirige le indagini e può esercitare l’azione penale.
La sentenza si fonda sull’interpretazione della direttiva 2002/58/CE, come modificata dalla 2009/136/CE, e sulla decisione della Corte di Giustizia Europea (C-548/21 del 4 ottobre 2024), che impone un controllo preventivo da parte di un’autorità terza prima di consentire l’accesso a dati personali contenuti nei dispositivi elettronici.
Una normativa interna da aggiornare
Ad oggi, la normativa italiana non è conforme a quanto richiesto dal diritto europeo. Tuttavia, si intravede una possibile evoluzione: il disegno di legge Zanettin-Bongiorno, già approvato dal Senato e ora all’esame della Camera, recepisce i principi stabiliti dalla Corte UE, prevedendo che il PM debba richiedere l’autorizzazione preventiva al GIP, o, in caso d’urgenza, una convalida successiva.
Il caso concreto e la posizione della Cassazione
Nel caso esaminato, il sequestro probatorio dello smartphone è stato ritenuto valido poiché successivamente confermato dal Tribunale del Riesame, che ha svolto una valutazione piena. Per questo motivo, il ricorso della difesa è stato respinto, pur riconoscendo che il tema della neutralità del PM è fondato.
Una svolta nella tutela della privacy
Questa sentenza rafforza la centralità della tutela dei dati personali e della vita privata nell’era digitale. La giurisprudenza italiana si sta dunque avvicinando sempre più agli standard europei, riconoscendo che l’accesso ai dati digitali richiede garanzie adeguate e un controllo giudiziario effettivo e preventivo.