Ufficio Stampa FISAPI
Il contesto normativo e le aperture della riforma
La riforma dell’ordinamento forense, prevista nel disegno di legge delega approvato di recente, include esplicitamente la disciplina della monocommittenza tra avvocati. Si tratta delle situazioni in cui un avvocato collabora in esclusiva o continuativamente con un solo committente (uno studio legale, una rete, associazione o società tra avvocati), pur restando formalmente un professionista autonomo. La riforma cerca di riconoscere e regolare queste forme di collaborazione, salvaguardando l’autonomia, l’indipendenza intellettuale e il diritto a un compenso congruo.
Il rischio della sovrapposizione con la subordinazione
Nonostante le intenzioni riformatrici, permangono margini di incertezza: la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha già affrontato la questione in numerose pronunce, precisando che occorre accertare — caso per caso — l’etero-organizzazione dell’attività professionale. Elementi come orari, obblighi di coordinamento, la dipendenza economica e l’affidamento esclusivo al committente possono avvicinare la posizione professionale a quella del lavoro subordinato, qualora vadano oltre l’ordinaria collaborazione coordinata.
Principali criteri giurisprudenziali
Tra gli elementi che la giurisprudenza ritiene rilevanti per distinguere la monocommittenza da un rapporto subordinato:
-
grado di organizzazione ed etero-direzione (quanto il committente controlla modalità, tempi, esecuzione);
-
se il compenso dipende quasi esclusivamente da un solo committente;
-
se vi è obbligo di rispetto di orari, turni, o determinazione unilaterale delle condizioni di lavoro;
-
l’utilizzo di strutture, spazi, attrezzature del committente, che possono configurare un vincolo organizzativo significativo.
Opportunità offerte dalla riforma
-
Regolamentare la monocommittenza per evitare che queste situazioni restino nell’ambiguità, con rischi per il professionista e per il committente;
-
Favorire l’accesso al mercato per giovani avvocati o chi non abbia una clientela propria, garantendo però che l’autonomia professionale non sia compromessa;
-
Stabilire criteri chiari per il compenso congruo e proporzionato alla prestazione, anche nel contesto della collaborazione esclusiva;
-
Dare certezze normative, riducendo il contenzioso e il rischio di riqualificazioni indesiderate come subordinazione.
Le criticità da affrontare
-
Il rischio che la disciplina diventi troppo generica, lasciando ampi spazi di interpretazione giurisprudenziale, con possibili conflitti;
-
Il bilanciamento delicato tra autonomia professionale e aspetti che possono richiamare subordinazione: il confine deve restare netto e ben definito;
-
La necessità che l’esclusività non si traduca in vincolo economico e gestionale che tolga libertà decisionale all’avvocato;
-
Il tema dei rapporti tra studio e collaboratori in monocommittenza, che potrebbe richiedere nuovi modelli contrattuali e tutela integrata.
Conclusione
La prevista disciplina della monocommittenza forense segna un passo importante verso la modernizzazione della professione legale. Ben regolata, può rappresentare una opportunità per chi cerca collaborazione continuativa senza perdere autonomia. Tuttavia, il successo dipenderà dalla capacità del legislatore di stabilire criteri chiari e proporzionati, e dalla disponibilità degli operatori a dialogare per definire standard certi che evitino derive verso la subordinazione.