Deepfake: una nuova minaccia per gli studi professionali

Negli ultimi anni, la rapida evoluzione dell’intelligenza artificiale ha portato con sé fenomeni tecnologici che, se da un lato aprono nuove opportunità, dall’altro pongono sfide etiche, legali e operative. Tra questi, i deepfake rappresentano una delle innovazioni più controverse: contenuti audio o video falsificati tramite algoritmi di machine learning, capaci di simulare in modo realistico volti, voci e movimenti di persone reali.

Inizialmente relegati al mondo dell’intrattenimento e della disinformazione digitale, i deepfake si stanno insinuando sempre più negli ambiti professionali, con implicazioni dirette per studi legali, tecnici e fiscali.

Falsificazione documentale e danni reputazionali

Per i professionisti, il rischio più immediato è quello della manipolazione di prove digitali, come videoconferenze, messaggi vocali o testimonianze in formato video. In ambito legale, ad esempio, si pongono interrogativi sempre più pressanti sulla validità delle registrazioni come mezzi di prova, mentre negli studi tecnici potrebbe generarsi confusione sull’identità del firmatario di una relazione o certificazione.

Inoltre, la facilità con cui si può creare un contenuto falsificato pone un rischio reputazionale per singoli professionisti o interi studi: un video contraffatto che attribuisce a un consulente dichiarazioni mai rilasciate può diffondersi rapidamente e causare danni gravi prima che la verità emerga.

Obblighi di vigilanza e responsabilità

Di fronte a questa minaccia, cresce la necessità per i professionisti di dotarsi di strumenti di verifica e validazione dei contenuti digitali. Alcuni software permettono già di rilevare segni di alterazione nei file video o audio, ma è evidente che la risposta non può essere solo tecnologica: occorre formare il personale, aggiornare i protocolli di sicurezza e prevedere specifiche clausole nei contratti che tutelino dallo sfruttamento fraudolento dell’identità.

Non meno importante è l’aspetto normativo. I professionisti sono spesso custodi di dati sensibili, documenti e informazioni strategiche: in caso di diffusione fraudolenta tramite deepfake, potrebbero profilarsi responsabilità anche in termini di compliance, soprattutto per gli obblighi imposti dal GDPR e dal codice deontologico.

Nuove competenze, nuove tutele

Tuttavia, il deepfake non è solo una minaccia. Può rappresentare anche una nuova area di competenza per i professionisti più lungimiranti. Chi lavora nella consulenza legale o tecnica può offrire supporto nella prevenzione, identificazione e gestione delle frodi digitali, mentre i fiscalisti potrebbero analizzare l’impatto economico di questi fenomeni in ambito assicurativo o aziendale.

Federprofessioni invita quindi tutti gli iscritti a interrogarsi attivamente su questi scenari, che non sono più futuristici ma attuali. Non basta più difendersi: occorre conoscere, anticipare e governare il cambiamento.

 

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