Ufficio Stampa
Il termine “Barnout” oggi e’ un termine in qualche modo inflazionato ma molto spesso si assiste ad una lunga serie di termini correlati di cui, spesso, si ignora il significato. Per far si che il lavoratore o la lavoratrice siano a conoscenza piena dei propri diritti per produrre nel proprio lavoro in un’atmosfera serena e salutare si e’ giunti a definire la definizione dall’Accordo Quadro Europeo del 2004[1], che lo descrive come “una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro”.
Regolato dal vigente quadro normativo, costituito dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i.,esso stabilisce l’obbligo per il datore di lavoro di valutare e gestir e il rischio SLC al pari di tutti gli altri rischi per la salute e sicurezza, in recepimento dei contenuti dell’Accordo quadro europeo.
Su questo, la normativa italiana, in data 16 maggio 2009, ha fatto entrare in vigore l’obbligo per il Datore di lavoro di redigere il DVR[2] per lo stress lavoro correlato, secondo il dettato dell’art. 28 del Decreto legislativo 81/2008.
Dato che, nel tempo, l’attenzione alle lavoratrici è stata per molto tempo circoscritta alla sola maternità, nel corso degli anni le politiche e le azioni comunitarie sono, tuttavia, diventate sempre più attente a considerare la variabile di genere ed in aiuto a tutto questo si è giunti ad una strategia comunitaria per la salute e sicurezza sul lavoro 2002/2006.
Le decisioni più importanti in materia
Evidenziare la specificità del lavoro e della parità dei sessi durante tutto l’arco della vita lavotativa
Riconoscimento dei maggiori fattori di rischio quali: conciliazione vita-lavoro- tipologia del lavoro, fenomeni di molestie e mobbig
Riconoscimento, per le donne, di una misura maggiore di rischio per un inevitabile carico di stress fisico e mentale per il motivo che la donna ha più diifficoltà a bilanciare vita lavorativa ed affettiva per via di maggiori incombenze o tensioni che potrebbero verificarsi per richieste eventuali di permessi o aspettative. Inoltre sussiste sempre il rischio di penalizzazione della donna in caso di gravidanza o matrimonio.
Un’ulteriore causa di stress lavorativo può riguardare la mai risolta penalizzazione della donna per l’inquadramento in ruoli di responsabilità o di non valorizzazione di lavori che richiedono creatività relegandole a mansioni che portano ad una ripetitività. A questa condizione non gratificante si aggiungono precariato e discriminazioni
Secondo alcuni dati, infatti, in Italia solo il 5% delle donne raggiunge il vertice delle aziende: le le donne, inoltre, sono spesso impegnate in attività “assistenziali” (una su tutte quella infermieristica), con una conseguente penalizzazione rispetto alle tipologie contrattuali; le donne con contratti a termine, o comunque “atipici” (prevalenti tra le lavoratrici rispetto ai lavoratori), manifestano maggiore disagio legato alla scarsa stabilità professionale (32,8%), rispetto agli uomini (25%)
Molestie sessuali e mobbing: quali le possibili soluzioni in materia
Se la definizione di molestie sul lavoro indica “comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni anche connesse al sesso e aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo” (D. Lgs 198/2006, articolo 26, comma 1) e quella di mobbing indica “Sistematica persecuzione esercitata sul posto di lavoro da colleghi o superiori nei confronti di un individuo, consistente per lo più in piccoli atti quotidiani di emarginazione sociale, violenza psicologica o sabotaggio professionale, ma che può spingersi fino all’aggressione fisica.”. Ricerche attestano che la categoria delle donne incorre più frequentemente a problematiche di questo tipo proprio per una sorta di “rivalsa” per le agevolazioni contrattuali. Molte lavoratrici sono soggette ad insolamento da parte dei loro colleghi.
Con l’applicazione del D.Lgs. 81/08 in ottica delle differenze di genere si e’ giunti ad introdurre la Valutazione dei rischi (introduzione nell’art. 28 del DVR una valutazione specifica per i rischi psico-sociali e legati alle differenze biologiche e culturali, come i rischi specifici per ogni genere (es. rischi ergonomici, fisici, chimici) e quelli sociali (stress, molestie) ed a prevedere misure preventive e protettive come inclusioni nell’analisi sia le differenze “culturali e sociali” (es. ruoli lavorativi, pressioni sociali), che quelle “naturali” (es. vulnerabilità biologiche), sorveglianza sanitaria che possono sin da subito denunciare eventuali patologie o condizioni di salute precaria.
Su ogni cosa, la Formazione e informazione sono ritenuti fondamentali attraverso percorsi formativi specifici che tengano conto delle differenze di genere ed un costate ed attento monitoraggio sul tutto.





